Il regolamento di comunione sui diritti di proprietà industriale

Molto spesso le imprese che conseguono diritti di proprietà industriale e intellettuale a seguito di attività di ricerca perseguite in collaborazione con altre imprese, instaurano su tali diritti un regime di comunione (frequentemente in quote pari al 50% ciascuna). Ciò, pensando che una simile pattuizione rappresenti la miglior “garanzia di controllo” sullo sfruttamento di tale diritto, sui sottostanti investimenti, sui futuri guadagni e, più in generale, per evitare “abusi” da parte dell’altro partner. Ciò dimenticando però, altrettanto spesso, di regolare il suddetto regime di comunione: mancata regolamentazione che può portare ad una sostanziale “paralisi” e connessa impossibilità di sfruttare il diritto in comunione ove non si riesca successivamente a raggiungere un’intesa sul punto con l’altro partner Qui di seguito verranno illustrate le principali criticità di tale tipologia di accordo, fornendo anche un utile template di base da cui partire per la predisposizione di un vero e proprio regolamento di comunione.

 

Proponiamo qui di seguito un template di possibile regolamento di comunione di diritti di proprietà industriale e intellettuale, ovviamente da integrare, modulare e modificare in base alle effettive esigenze del caso che il documento sarà chiamato a disciplinare. Si precisa che, il testo sotto riportato è stato immaginato per disciplinare un regime di comunione su un brevetto per invenzione. Poiché ciascun singolo diritto di proprietà industriale (marchi, know-how, ecc.) è soggetto a discipline peculiari (in materia di marchi si pensi ad esempio al divieto di inganno per il caso di usi disgiunti e incoerenti), si consiglia di utilizzare tale template unicamente per disciplinare il regime di comunione su un brevetto per invenzione.

 

La previsione di un preciso regolamento è essenziale in caso di regime di comunione sui diritti di proprietà industriale. Ciò in quanto le previsioni normative specifiche sul punto sono molto scarne: l’art. 6 del Codice della Proprietà Industriale si limita infatti a stabilire che “Se un diritto di proprietà industriale appartiene a più soggetti, le facoltà relative sono regolate, salvo convenzioni in contrario, dalle disposizioni del codice civile relative alla comunione in quanto compatibili. In caso di diritto appartenente a più soggetti, la presentazione della domanda di brevetto o di registrazione, la prosecuzione del procedimento di brevettazione o registrazione, la presentazione della domanda di rinnovo, ove prevista, il pagamento dei diritti di mantenimento in vita, la presentazione della traduzione in lingua italiana delle rivendicazioni di una domanda di brevetto europeo o del testo del brevetto europeo concesso o mantenuto in forma modificata o limitata e gli altri procedimenti di fronte all'Ufficio italiano brevetti e marchi possono essere effettuati da ciascuno di tali soggetti nell'interesse di tutti”.

 

Il rimando alle previsioni del codice civile per tutti i profili ulteriori (in primis lo sfruttamento del diritto in comunione) presenta notevoli criticità anche alla luce del (quantomeno discutibile) orientamento della Suprema Corte che, in materia di comunione di diritti di proprietà industriale, ha affermato che il singolo contitolare, in assenza di esplicita autorizzazione da parte degli altri contitolari, non può sfruttare - neppure in proprio – il diritto di proprietà intellettuale. 

 

In particolare è stato affermato che “in forza del rinvio … alle norme del codice civile sulla comunione, nel caso di invenzione industriale dovuta a più autori, salvo convenzione contraria, opera la presunzione di parità delle quote di cui all'art. 1101 c.c. e si applica il criterio della libera cedibilità delle stesse ai sensi dell'art. 1103 c.c. Poiché il comunista non può ai sensi dell'art. 1102 c.c. alterare la destinazione della cosa comune o impedirne agli altri il godimento, ne consegue però che, ove non sia stato a ciò autorizzato dagli altri comunisti, egli non può sfruttare unilateralmente l'invenzione e non può cedere a terzi la licenza di sfruttamento del brevetto, in quanto quest'ultima implica la facoltà tipica del titolare del brevetto di vietare ad altri l'utilizzazione della stessa idea inventiva, il che priverebbe, pertanto, i contitolari del diritto di esclusiva. Di tale licenza può disporre, infatti, la comunità dei contitolari secondo le regole della comunione.” (così Cass. 22 aprile 2000 n. 5281). 

 

Ed anche recentissimamente è stato ribadito che “in tema di brevetto di cui siano contitolari due o più soggetti, il rinvio contenuto nell' art. 6, comma 1, d. lgs. n. 30 del 2005, alle norme sulla comunione dei diritti reali deve essere inteso nel senso che, in difetto di convenzione contraria, a mente dell' art. 1102, primo comma, c.c. è precluso al singolo comunista lo sfruttamento produttivo del trovato a cui voglia procedere uti singulus in quanto ciò, riflettendosi sulla tutela accordata con il brevetto, altera la destinazione della cosa e lede in tal modo il diritto di esclusiva dell'altro o degli altri contitolari.”(Cass. 18 febbraio 2025 n. 4131).

 

Per evitare di “paralizzare” ogni possibile sfruttamento del diritto, pertanto, è opportuno disciplinare preventivamente i diritti dei singoli comunisti.

 

Il template qui proposto immagina una libertà di sfruttamento reciproco del diritto “assoluta”. E’ però ovvio che possono immaginarsi forme diverse di disciplina: ad esempio una “compartimentazione” del diritto di sfruttamento per settori e/o per finalità; oppure l’attribuzione del diritto di sfruttamento ad uno solo dei contitolari con diritto alla partecipazione ai “guadagni” per l’altro.

 

Scarica il sample contrattuale che trovi in allegato. 

 

In caso di dubbi o perplessità su come redigere un regolamento di comunione sui diritti di proprietà industriale che risponda alle Vostre concrete necessità, non esitate a scrivere a tutela@federlegnoarredo.it

 

allegati

Regolamento di comunione

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