Tessuti sostenibili (e tech) 

Un approfondimento sul tessile, dalle nuove risorse agli smart textiles, fino alle norme che regolano il settore e le innovazioni, legate anche al mondo del design.

Tessuti sostenibili (e tech) 

Dall’abbigliamento all’automotive, i prodotti del settore tessile sono presenti quotidianamente nelle nostre vite e sono impiegati in un’ampia gamma di applicazioni tecniche e decorative che spesso non conosciamo. Ogni materiale ha le proprie caratteristiche e funzionalità, ma sono tutti riconducibili a tre grandi tipologie principali: i tessuti naturali, creati con fibre di origine vegetale o animale, i tessuti sintetici, frutto di processi chimici e industriali, e i tessuti artificiali che vengono creati attraverso l’utilizzo di sostanze chimiche, ma si differenziano dai precedenti perché generati a partire da una risorsa naturale. Questi ultimi si considera, pertanto, abbiano un impatto ambientale minore in quanto non utilizzano materie di origine petrolifera: esempi di questa categoria sono la viscosa e gli altri materiali tessili classificati come bio-based, a base quindi biologica.

 

TESSILE E IMPATTO AMBIENTALE

Dato l’ampio utilizzo di tessuti in svariati settori e di risorse per la loro produzione e lavorazione, il tessile ha un impatto significativo sui nostri ecosistemi: solo nell’Unione Europea, generiamo circa 12,6 milioni di tonnellate di rifiuti tessili ogni anno, di cui viene riciclato il 22%. Il processo di produzione, invece, si stima sia responsabile circa del 20% dell'inquinamento globale dell'acqua potabile e che il lavaggio di capi sintetici rilasci annualmente 0,5 milioni di tonnellate di microfibre nei mari.

 

NUOVE RISORSE E PROCESSI INNOVATIVI

Oltre a strategie e norme per ridurre l’impatto del settore, da qualche anno il mondo del tessile sta sperimentando nuove risorse a partire dalle quali produrre i filati - come scarti di produzione o microrganismi - e brevettando nuovi processi con un ridotto impatto ambientale.

 

REVOLTECH

Revoltech, per esempio, è una startup tedesca che ha sviluppato due materiali di nuova generazione a base vegetale: LOVR™, ottenuto da residui di canapa, e MATTR™, derivato dalle alghe. Ciò che distingue questi materiali non è solo la loro origine – entrambe due specie viventi, e quindi con la capacità di rigenerarsi se gestite correttamente – , ma anche il loro innovativo processo di fabbricazione. Per il primo materiale, gli ingredienti vengono combinati e lavorati utilizzando una macchina industriale, consentendo una produzione su larga scala in rotoli. A differenza delle fibre sintetiche o bio-based, ottenute per estrusione, questo metodo garantisce uniformità, scalabilità e flessibilità d'uso in settori come l'automotive, la moda e il design d'interni. MATTR™, ancora in fase di sviluppo, segue un processo di formulazione specifico, progettato per garantire morbidezza e adattabilità, rendendo MATTR™ un'alternativa innovativa ai materiali tradizionali.

 

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tessuto Revoltech Mattr™, ph. Jan Schölzel

 

ORANGE FIBER

L’italiana Orange Fiber, invece, è il primo marchio al mondo a produrre fibre sostenibili dal pastazzo, lo scarto della spremitura di limoni e arance. Fondata nel 2014, il brand utilizza un processo brevettato per produrre fibre tessili partendo dalla cellulosa estratta da questo sottoprodotto industriale. Attraverso i diversi progetti speciali che segue, dalla partecipazione a mostre alla creazione di capsule collection e progetti custom, Orange Fiber collabora con aziende, produttori e marchi di lusso per diffondere l’utilizzo di tessuti a basso impatto ambientale e sensibilizzare l’industria e i consumatori.

 

NANOLLOSE

Un altro caso studio degno di nota è l’australiana Nanollose: l’azienda di biotecnologie ha sviluppato un processo che sostituisce la cellulosa naturale – utilizzata nell'industria tessile per la produzione di fibre artificiali come la viscosa – con quella microbica, ottenuta da rifiuti organici e agricoli industriali, che viene poi trasformata in fibre di Tree-Free Rayon (Nullarbor™) con un impatto ambientale minimo, senza sfruttamento del suolo, di risorse idriche o l’utilizzo di pesticidi. Nel 2019, Nanollose ha creato il primo abito indossabile utilizzando la sua fibra Nullarbor™, ricavata dagli scarti di cocco.

 

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tessuto Nullarbor, courtesy Nanollose

 

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