Nel corso degli ultimi anni è cresciuta enormemente la sensibilità dell'opinione pubblica mondiale verso i temi della salvaguardia ambientale, in tutti i suoi aspetti, e nel contempo sono cresciuti l'interesse e la domanda dei Paesi più sviluppati per l'acquisto di beni e servizi rispondenti a precisi criteri di qualità, certificata secondo norme e standard nazionali e internazionali.
Anche le produzioni legnose sono, giustamente, entrate a far parte della schiera dei prodotti per i quali il mercato sempre più spesso richiede una certificazione comprovante l'eco-compatibilità del processo produttivo.
E se c'è una materia prima che rispetta l'ambiente questa è sicuramente il pioppo.
Come tutte le colture, il pioppeto interagisce con l'ambiente in modo del tutto positivo. Fra i suoi innumerevoli meriti si può ricordare, innanzitutto, la notevole capacità di depurare l'aria, tipica delle specie a rapido accrescimento. Infatti quanto più rapido e notevole è l'accrescimento, tanto più veloci e maggiori sono il rilascio di ossigeno nell'atmosfera e la sottrazione di anidride carbonica. In tal senso le colture erbacee a ciclo breve e ad incremento di biomassa notevole, come il mais che passa in pochi mesi dai pochi grammi di una cariosside all'imponenza della pianta pronta per la raccolta, sono ben più efficienti di qualsiasi coltura arborea, per quanto veloce essa sia nella crescita. Ma le colture da legno presentano tuttavia un enorme vantaggio rispetto a quelle alimentari: l'anidride carbonica sottratta all'atmosfera dal mais vi torna quasi tutta nel volgere di pochi mesi; l'anidride carbonica utilizzata invece per “costruire” un albero rimane intatta e bloccata per molti anni (prima nel tronco e poi nei mobili ricavati da esso). Si pensi solo che un pioppo in attiva crescita preleva dall'atmosfera 70-140 litri di anidride carbonica all'ora e gliene cede altrettanti di ossigeno.
Un altro merito ambientale del pioppo è rappresentato dalla sua notevole capacità di “distillare” l'acqua, vale a dire di assorbirla, anche inquinata, dal suolo, per restituirla pura, con la traspirazione, all'atmosfera, trattenendo in sé i composti nocivi. Tali composti, “bloccati” nel legno oppure immagazzinate nelle foglie, tornano al terreno ormai degradate o legate a composti organici che ne limitano fortemente i movimenti verso la falda acquifera. Si è calcolato che un ettaro di pioppeto traspiri, e dunque depuri, in dodici anni di vita 41.500 mc di acqua. Un simile volume di acqua svolge un altro ruolo prezioso per l'ambiente, poiché arricchisce l'atmosfera di umidità, favorendone il formarsi di nubi proprio durante l'estate, quando le piogge sono più scarse ed il fabbisogno di acqua delle colture e della vegetazione spontanea è maggiore. La scomparsa dei boschi da una regione ne segna la condanna alla desertificazione progressiva; al contrario la presenza di boschi in un territorio naturalmente vocato a tale tipo di vegetazione, costituisce il miglior mezzo per contrastarne l'inaridimento e per ostacolare i fenomeni erosivi. La suddetta azione di trattenimento dell'acqua è sempre utile, ma rivela un ruolo addirittura essenziale quando le abbondanti piogge autunnale, se non sono rallentate dalla vegetazione, raggiungono troppo rapidamente i fiumi causandone lo straripamento.
Tutto ciò per affermare che vi è una “complessità ambientale” (di cui forse finora non si era tenuto in debito conto) e che studi più recenti hanno portato all'attenzione pubblica, delineando anche una nuova visione del territorio. Secondo questa nuova consapevolezza l'industrializzazione, l'urbanizzazione, le emissioni di sostanze nocive e lo smaltimento dei rifiuti, per citare solo alcuni dei problemi ambientali, non possono essere considerati e risolti separatamente. Affinché lo sviluppo possa armonizzarsi con la natura, le azioni volte alla salvaguardia ambientale devono essere interconnesse e coordinate.