Influencer e pubblicità.
Gli obblighi di trasparenza, riconoscibilità e correttezza sono a carico anche delle imprese che se ne avvalgono?

Nella moderna economia, che trova sulla rete internet un canale di sbocco sempre più importante, un ruolo fondamentale nelle attività di comunicazione e pubblicità delle imprese è oggi rivestito dai c.d. “influencer”. I recenti fatti di cronaca dimostrano però ancora una volta come il rispetto delle regole (che già ci sono, e sono molto chiare!) sia essenziale per evitare che un’attività promozionale possa rivelarsi un boomerang idoneo sia a danneggiare l’immagine dell’impresa che se ne avvale, sia ad esporla a possibili contestazioni da parte delle autorità e/o dei concorrenti.
Principio fondamentale del nostro ordinamento è che la pubblicità debba essere - per contenuto e modalità espressive - intellegibile, veritiera e conforme ai canoni di correttezza professionale. A tali principi generali non possono ovviamente sottrarsi neppure le forme di pubblicità poste in essere tramite i c.d. influencer (ossia quei personaggi noti, soprattutto nel mondo di internet che, con le loro condotte ed i loro contenuti diffusi tramite internet, sono in grado di influenzare le scelte, ivi comprese quelle di acquisto, del pubblico) che, del resto, rappresentano oggi una forma di pubblicità a tutti gli effetti se non addirittura la principale forma di pubblicità tra quelle poste in essere dagli operatori di mercato.
L’ordinamento, del resto, prevede già da tempo forti misure atte a sanzionare comportamenti scorretti posti in essere dalle imprese per mezzo della pubblicità, anzitutto avverso le ipotesi di pubblicità occulta e/o ingannevole e/o comparativa. In particolare, l’art. 5 del D.Lgs. 145/07 (in materia di pubblicità ingannevole) stabilisce espressamente che “La pubblicità deve essere chiaramente riconoscibile come tale” rendendo per l’effetto illecita ogni forma di pubblicità occulta o comunque non facilmente identificabile come tale (si pensi ai casi più classici di c.d. pubblicità redazionale e/o product placement). L’art. 2 del medesimo decreto, definisce altresì come pubblicità ingannevole “qualsiasi pubblicità che in qualunque modo, compresa la sua presentazione è idonea ad indurre in errore le persone fisiche o giuridiche alle quali è rivolta o che essa raggiunge e che, a causa del suo carattere ingannevole, possa pregiudicare il loro comportamento economico ovvero che, per questo motivo, sia idonea a ledere un concorrente” e come pubblicità comparativa “qualsiasi pubblicità che identifica in modo esplicito o implicito un concorrente o beni o servizi offerti da un concorrente” prevedendo poi al successivo art. 4 tutta una serie di criteri da soddisfare per rendere lecita l’ipotesi di pubblicità comparativa.
Da segnalare, peraltro, che l’art. 8 comma quindici del citato D.Lgs. 145/7 stabilisce anche che per tutte le previsioni di cui al suddetto decreto (per il cui apparato sanzionatorio, la competenza è attribuita all’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mecato: AGCM) “è comunque fatta salva la giurisdizione del giudice ordinario in materia di atti di concorrenza sleale, a norma dell'articolo 2598 del codice civile”: cosicché, le ipotesi di pubblicità occulta, ingannevole o comparativa, risultano censurabili anche tramite la disciplina della concorrenza sleale (quindi “azionabile” dal concorrente che si ritiene leso dalla condotta) che tradizionalmente qualifica come atto non conforme alla correttezza professionale (e quindi rilevante ex art. 2598 n. 3) le condotte scorrette poste in essere per mezzo della pubblicità. Ed in questo senso, la giurisprudenza ha recentemente riconosciuto la valenza illecita, sotto il profilo concorrenziale, di condotte (benché denigratorie) poste in essere tramite social network, affermando in particolare come “La pubblicazione, a margine di post apparsi sulle pagine sodai di un importante cliente … di commenti polemici … costituisce senza dubbio, per le modalità espressive e i toni utilizzati nonché per il canale comunicativo prescelto, un comportamento idoneo a ledere l’immagine e la reputazione della ricorrente sul mercato, screditandola agli occhi tanto delle controparti commerciali quanto della platea indistinta dei consumatori” (cfr. Trib. Milano, 16 maggio 2022 in www.darts-ip.com).
Con più diretto riferimento alle attività degli influencer e della loro diretta imputabilità anche alle imprese che se ne avvalgono, del resto, si è riconosciuto come “La pratica pubblicitaria, posta in essere tramite influencer marketing e consistente nella diffusione di messaggi idonei a fornire la rappresentazione di un'iniziativa benefica, lasciando intendere, contrariamente al vero, che con l'acquisto del prodotto il consumatore possa contribuire all'iniziativa, e che anche l'influencer rappresentato vi avrebbe contribuito direttamente, risulta scorretta ed ingannevole ove il prezzo pagato dal consumatore non sia, anche solo parzialmente, destinato al finanziamento dell'operazione di beneficenza” (cfr. AGCM 14/12/2023, n. 31002 in www.agcm.it ).
Tutela avverso ipotesi di pubblicità “scorretta” è del resto da tempo prevista anche a favore dei consumatori. In particolare, l’art. 20 primo e secondo comma del D.Lgs. 206/05 (c.d. Codice del Consumo) stabilisce da un lato che “Le pratiche commerciali scorrette sono vietate” e dall’altro definisce “Una pratica commerciale è scorretta se è contraria alla diligenza professionale, ed è falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge o al quale è diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori”. Parimenti, l’art. 22 del Codice del Consumo stabilisce che, in tema di omissioni ingannevoli, “è considerata ingannevole una pratica commerciale che nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, omette informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale e induce o e' idonea ad indurre in tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso”. E proprio su questa base, l’AGCM ha, anche recentemente, ribadito come “si pone in contrasto con gli artt. 20, comma 1, 21, commi 1, lett. b), e 4, 22, comma 2, e 23, comma 1, lett. m), del codice del consumo ed è , pertanto, scorretta, la pubblicità occulta, proposta sulla piattaforma TikTok … diffusa attraverso video in cui, senza alcun accenno alla natura pubblicitaria del comunicato, la protagonista mostra i prodotti con inquadrature insistenti e invita l'utente a consultare un sito web nel quale sono vantati i riconoscimenti ottenuti dai prodotti” (così AGCM 5 luglio 2022, n. 30229 in www.agcm.it).
Con riferimento al mondo della comunicazione e pubblicità internet, poi, non mancano previsioni specificamente rivolte alle attività promozionali poste in essere per tramite degli influencer. Richiamiamo, ad es. il c.d. “Regolamento Digital Chart” dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria (rinvenibile qui: https://www.iap.it/codice-e-altre-fonti/regolamenti-autodisciplinari/re…)che, a livello generale, stabilisce come “La comunicazione commerciale diffusa attraverso internet, quali che siano le modalità utilizzate, deve rendere manifesta la sua finalità promozionale attraverso idonei accorgimenti. L’indicazione relativa alla natura pubblicitaria del contenuto deve essere mantenuta anche nel caso di condivisioni o “repost” dello stesso su altre piattaforme e interfacce online, inclusi i social media”. Inoltre, con specifico riferimento alle attività promozionali “posto in essere da celebrity, influencer, blogger, o altre figure simili di utilizzatori della rete che con il proprio intervento possano potenzialmente influenzare le scelte commerciali del pubblico” sia necessario inserire “in modo ben visibile nella parte iniziale del post o di altra comunicazione diffusa in rete una delle seguenti diciture: brand/Sponsored by [•], o in collaborazione con [•]/In partnership with [•]”. Il suddetto regolamento, prosegue poi stabilendo che nel caso di semplici post debbano essere inseriti “entro i primi tre hashtag, purché di immediata percezione, una delle seguenti diciture: – #Pubblicità/#Advertising, o #Sponsorizzato da [•]/#Sponsored by [•], o #ad unitamente a #brand, #adv unitamente a #brand” chiarendo poi che in caso di c.d. “contenuti a scadenza” ( quali ad esempio le stories di Instagram) le diciture sopra menzionate devono “essere sovrapposta in modo ben visibile agli elementi visivi di ogni contenuto promozionale”.
Infine, il regolamento chiarisce che “Nel diverso caso in cui il rapporto tra influencer e inserzionista non sia di committenza ma si limiti all’invio occasionale da parte di quest’ultimo di propri prodotti gratuitamente o per un modico corrispettivo, i post o altre comunicazioni diffuse in rete dall’influencer che citino o rappresentino tali prodotti dovranno contenere – in luogo delle avvertenze di cui sopra – un disclaimer del seguente tenore: “prodotto inviato da [•], o equivalente” ponendo altresì a carico dell’impresa l’obbligo di “informare l’influencer, in modo chiaro e inequivoco, al momento dell’invio del prodotto, dell’esistenza dell’obbligo di inserire tale disclaimer” precisando altresì che “la responsabilità dell’inserzionista è circoscritta alla segnalazione all’influencer dell’esistenza di tale obbligo”.
La previsione chiarisce poi l’adozione delle indicazioni di cui sopra rende “il requisito della riconoscibilità … sicuramente soddisfatto”.
Da ultimo, proprio alla luce dei più recenti fatti di cronaca, sono state diffuse anche linee guida (rinvenibili qui: https://www.agcom.it/documents/10179/32926720/Allegato+16-1-2024/2e637eaf-dec5-4ded-ab19-bcf99904163d?version=1.0 ) da parte dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM). Linee guida che, tra le altre cose, chiariscono come la relativa disciplina sia applicabile agli “Influencer che propongono contenuti audiovisivi aventi le caratteristiche definite dalle presenti Linee guida comprendenti comunicazioni commerciali sulla base di accordi di qualsiasi tipo, dietro corresponsione di denaro ovvero fornitura di beni o servizi che cumulativamente: a. raggiungono un numero di iscritti (i cosiddetti follower) pari, in sede di prima applicazione, ad almeno un milione, risultanti dalla somma degli iscritti sulle piattaforme e dei social media su cui operano; b. hanno pubblicato nell’anno precedente alla rilevazione almeno 24 contenuti aventi le caratteristiche definite dalle presenti Linee guida; c. abbiano superato almeno su una piattaforma o social media un valore di engagement rate medio negli ultimi 6 mesi pari o superiore al 2%” precisando che le stesse non si applicano invece a “soggetti che operano in maniera meno continuativa e strutturata, e che si caratterizzano per non raggiungere la soglia stabilita supra del numero di follower e di un significativo engagement rate” ferma però restando “l’applicabilità ai contenuti dagli stessi pubblicati degli artt. 41 e 42” del D.Lgs. 8 novembre 2021, n. 208 (a mente del quali, tra le altre cose, “i fornitori di piattaforme per la condivisione di video adottino misure adeguate a tale scopo relativamente alle comunicazioni commerciali audiovisive non promosse commercialmente, vendute o organizzate dagli stessi. I fornitori di piattaforme per la condivisione di video soggetti alla giurisdizione italiana informano chiaramente gli utenti nel caso in cui i programmi e i video generati dagli utenti contengano comunicazioni commerciali audiovisive, a condizione che tali comunicazioni siano dichiarate a norma del comma 7, lettera c), o il fornitore sia comunque a conoscenza di tale fatto”).
Tali linee guida, poi, per quanto riguarda la comunicazione stabiliscono che “Gli influencer rispettano le norme in tema di comunicazioni commerciali, televendite, sponsorizzazioni e inserimento di prodotti, di cui agli articoli 43, 46, 47 e 48 del Testo unico, il divieto di pubblicità occulta, nonché le disposizioni attuative adottate dall’Autorità con apposito regolamento, riconoscendo altresì le norme esplicitate nel Regolamento Digital Chart sulla riconoscibilità della comunicazione commerciale diffusa attraverso Internet promosso dall’Istituto di Autodisciplina pubblicitaria. In caso di contenuti con inserimento di prodotti, gli influencer riportano nel testo che accompagna il contenuto, o in sovrimpressione all’interno del contenuto medesimo, una scritta che evidenzi la natura pubblicitaria del contenuto in modo immediatamente riconoscibile” oltre ovviamente al doveroso “rispetto delle disposizioni in materia di tutela del diritto d’autore e della proprietà intellettuale”.
Le previsioni delle linee guida AGCOM sono ovviamente applicabili direttamente agli influencer ma è evidente la loro rilevanza anche per le imprese, quanto meno al fine di definire quale possa essere una condotta scorretta, sotto il profilo concorrenziale, posta in essere per tramite di un influencer.